La morte del Cavaliere di Celano

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La sedicesima scena delle Storie di San Francesco nella Basilica di Assisi è una delle più drammatiche dell’intero ciclo Giottesco.

Nella Basilica superiore di San Francesco di Assisi le 28 scene della vita di San Francesco attraggono ogni giorno centinaia di visitatori.  Indipendentemente dal fatto che si tratti di Giotto o di un altro pittore, le scene ritraggono gli episodi più importanti della vita di Francesco così come ci furono tramandati da Bonaventura di Bagnoregio nella biografia ufficiale del Santo (la Legenda Maior) su commissione dell’Ordine dei Frati Minori e approvata dal capitolo generale di Pisa nel 1263

Alcuni affreschi del ciclo sono popolarissimi e subito riconoscibili perché legati ai momenti più noti della vita di Francesco, si pensi al Dono del Mantello (II), alla Preghiera in San Damiano (IV), alla Rinuncia dei Beni Terreni (V), alla Predica agli Uccelli (XV) o alle Stimmate (XIX).

Altre scene descrivono episodi meno conosciuti ma ugualmente particolari e significativi tra cui i miracoli che ci vengono narrati sia quando Francesco era in vita come il Miracolo della fonte (XIV) , che nel periodo post mortem come la Confessione della Donna Resuscitata (XXVII).

Il sedicesimo affresco, la Morte del Cavaliere di Celano, realizzato alla fine del XIII secolo, narra di un episodio non molto noto e cioè il giorno in cui Francesco, già frate, nel fare visita ad un amico cavaliere nella località di Celano, in Abruzzo, si ritrovò a predire miracolosamente il suo trapasso imminente. Ecco come viene descritto da Bonaventura:

“Quando il beato Francesco impetrò la salute dell’anima per un cavaliere di Celano, che devotamente a pranzo l’aveva invitato; il quale, dopo la confessione e dopo aver disposto per la sua casa, mentre gli altri si mettevano a mangiare, d’improvviso esalò l’anima, addormentandosi nel Signore”, Legenda maior (XI,4).

Nel procedere in maniera tempestiva con il sacramento della confessione, Francesco salva il nobile dalle conseguenze nefaste della morte improvvisa (la c.d. “malamorte”, temutissima nel medioevo) e gli garantisce un posto in paradiso.

Ecco gli aspetti che fanno di questo dipinto uno dei più intensi, straordinari e drammatici della pittura italiana e medievale:

IL COLPO DI SCENA TEATRALE: si può cogliere il contrasto, volutamente accentuato, tra la parte sinistra, dove ci sono i due frati dei quali il primo ancora comodamente seduto, e la parte destra, tutta affollata di personaggi dolenti che assistono alla morte del cavaliere. Francesco sembra si sia alzato di scatto, e nella fretta con il piede destro calpesta il saio troppo lungo che trascina per terra.

LA NATURA MORTA SUL TAVOLO: tutto è pronto e il banchetto è appena iniziato, la mensa è imbandita con alimenti dal preciso significato simbolico come il pesce, il pane e il vino. Ma è anche una tipica mensa medievale, semplice e senza posate; si notano solo due coltelli, uno impugnato dal frate e l’altro con la lama già sporca dall’uso, davanti a San Francesco.

IL REALISMO E L’ESPRESSIVITÀ DEI PERSONAGGI: si supera lo stile bizantino per una pittura finalmente cristiana; in un’architettura della scena profonda e verosimile, le figure assumono volume, grazie al chiaroscuro, e vitalità, grazie alle espressioni del viso e le posture evocative. Straordinaria la disperazione che traspare dagli sguardi e dalle posizioni delle donne che si oppone al volto ormai pallido, ma sereno, del cavaliere defunto.

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