L’abbazia di San Pietro in Valle

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Alla scoperta di un luogo incantevole, isolato tra le colline umbre, che racchiude tesori dell’arte unici al mondo.  

Perla nascosta nello splendido comprensorio della Valnerina, l’abbazia di San Pietro in Valle, nel comune di Ferentillo (TR), è tappa obbligata per tutti gli appassionati di medioevo. Sorta nell’VIII secolo sui resti di un antico tempio romano, l’abbazia custodisce un patrimonio artistico e archeologico unico in Umbria e in Italia. La chiesa ha una storia movimentata: in origine pantheon dei duchi longobardi di Spoleto, poi distrutta dai saraceni nel nono, ricostruita nel decimo, riccamente affrescata nel dodicesimo.

Tra la fine del V sec. e l’inizio del VI sec. in Valnerina e nella Valle Spoletana giunse un gruppo di 300 eremiti fuggiti dalla Siria a causa della persecuzione dell’Imperatore Anastasio I Dicoro Monofista. Sicuramente due di loro, Lazzaro e Giovanni, intorno al 535 d.C. scelsero come luogo di insediamento le grotte naturali presenti in questo territorio. Fu così che sorse il primo romitorio nell’area dove oggi si trova l’Abbazia di San Pietro in Valle (forse sulle rovine di un tempio romano) alla quale probabilmente partecipò anche il duca Longobardo di Spoleto, Faroaldo I

L’intero complesso oggi è diventato un relais; la chiesa è sempre visitabile mentre per il giardino (antichi orti) e il chiostro è necessaria la prenotazione. Quest’ultimo in particolare vale sicuramente una visita: è circondato su tre lati da un portico a due piani con possenti colonne e al centro conserva  un’ara pagana cilindrica di età romana decorata con figure danzanti, presumibilmente satiri.  Interessante un graffito che compare sull’architrave della porta di una stanza collegata con il refettorio (probabilmente l’antica cucina), in cui sono rappresentanti i segni della passione di Cristo. A sinistra del cristogramma (IHS) si riconoscono il Calvario e il flagello; a destra la scala, la lancia, le tenaglie, il martello e la corona di spine.

Dal chiostro si accede alla chiesa tramite un portale che presenta sugli stipiti due pregevoli altorilievi del secolo XII raffiguranti San Pietro e San Paolo. La pianta basilicale è a croce commissa (come il simbolo del Tau), un unicum per il periodo in Umbria. La facciata è a capanna, con oculo centrale risalente al XVI secolo. Il bellissimo campanile è ornato con inserti scultorei di reimpiego di origine romana, longobarda e carolingia.

😮 MERAVIGLIE LONGOBARDE

La chiesa al suo interno conserva la collezione di sarcofagi romani più grande dell’Umbria, qui presenti perché riutilizzati dai duchi longobardi. Nella zona absidale se ne distinguono in particolare due: il sarcofago di Faroaldo II (III secolo), a destra dell’altare, con raffigurate alcune scene dionisiache e quello dei SS. Lazzaro, Giovanni e Giacomo (III-IV secolo) a sinistra.  Intorno a questo sarcofago corre il circuito rituale di purificazione che percorrevano i pellegrini devoti attorno ai santi eremiti.

Al centro dell’abside appare, maestoso, l’incredibile altare longobardo, costituito da due lastre marmoree istoriate, fiancheggiate da pilastri marmorei decorati. I tre flabelli decorati racchiudono due figure maschili in preghiera, con il petto nudo e le braccia piegate a 90° e levate verso l’alto.

Sono presenti due iscrizioni: la prima, molto evidente, indica probabilmente il committente, il nobile longobardo Ilderico Dagileopa, duca di Spoleto tra il 739 e il 742 circa, mentre la seconda, più piccola, ci informa che l’altare fu realizzato dall’artigiano Urso (Ur|sus ma|ges|ter fecit, trad: Il maestro Urso l’ha fatto).

   Trascrizione: HILDERICVS · DAGILEOPA IN HONORE̅ | SC̅I PETRI ET AMORE̅ SC̅I LEO̅ | ET SC̅I GRIGORII | RO REMEDIO AM̅

   Edizione: Hildericus Dagileopa in honore(m) S(an)c(t)i Petri et amore(m) S(an)c(t)i Leo(nis) | et S(an)c(t)i Grigorii | [p]ro remedio a(ni)m(ae).

   Traduzione: Ilderico Dagileopa , in onore a san Pietro e per amore di san Leone e san Gregorio, per la salvezza dell’anima.

Il tema della lastra in marmo dell’altare è molto dibattuto. Una recente indagine di Donatella Scortecci ha identificato nella prima figura proprio il duca longobardo Ilderico con in mano la spada tipica longobarda, lo scramasax e, nella seconda, lo stesso duca che spogliatosi dell’arma diventa monaco in abbazia e riceve i sacri riti del battesimo, simboleggiati dal calice e dalle colombe sopra la sua testa.

 

 😉 GLI AFFRESCHI: UN TESORO DELL’ARTE

Tra le altre meraviglie di questa abbazia ci sono gli affreschi di scuola romana a tema Vecchio e Nuovo Testamento, realizzati intorno al 1150, che ricoprivano interamente le due pareti della navata. Non sono molti i cicli pittorici ben conservati dell’epoca, e questi sono particolarmente interessanti per la loro vivacità e dinamismo e perché anticipano le tendenze dell’arte romanica del secolo successivo.

È una vera rivoluzione dell’arte quella che si presenta qui: dagli sfondi in oro e dalla fissità e rigidità delle immagini, elementi tipici dell’arte bizantina, si passa ad una nuova concezione dello spazio ed a nuovi modelli di rappresentazione che mostrano un plasticismo ed una nuova espressività che non hanno riscontro nella pittura coeva italiana. Gli affreschi furono fonte di ispirazione per pittori come Pietro Cavallini e Giotto, che forse fecero visita a questa abbazia e poi parteciparono, con le loro scuole, alla decorazione della basilica di San Francesco d’Assisi.

 😎 INFO & RINGRAZIAMENTI

Con il biglietto per le Cascate delle Marmore si può usufruire dello sconto per il Museo delle Mummie di Ferentillo e per l’abbazia di San Pietro in Valle. Per informazioni sul Museo delle Mummie di Ferentillo CLICCA QUI!

Si ringrazia la guida Sebastiano Torlini per le preziose indicazioni fornite e la dottoressa Dina Filipponi, responsabile musei della parrocchia di Ferentillo.

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